I molti problemi del PNRR, in ordine
tra il governo e la Corte dei conti sui controlli del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo intende spendere i finanziamenti europei del bando Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund.
Lo scostamento tra spesa attesa ed effettiva è particolarmente grave nel 2023: secondo i dati diffusi dalla Corte dei conti, tra l’1 gennaio e il 12 maggio sono stati spesi un miliardo e 155 milioni di euro sui 33,8 previsti entro la fine dell’anno. Nei prossimi sette mesi e mezzo, quindi, l’Italia dovrebbe spendere la quasi totalità della cifra, cioè 32,7 miliardi di euro.
Quasi tutti i comuni italiani partecipano in qualche modo al piano e in poco tempo hanno iniziato a gestire molti più progetti e soldi rispetto agli anni precedenti, spesso oltre le loro capacità: i comuni, si legge nella relazione, al momento gestiscono il 47 per cento dei soldi del PNRR, ma lo fanno lentamente a causa della mancanza di competenze gestionali e tecniche soprattutto nelle regioni del Sud.
Un altro problema è la difficoltà di trovare in poco tempo figure professionali qualificate nei settori di riferimento progetti del PNRR, per esempio nei servizi sanitari e sociali, nell’innovazione tecnologica e nella transizione digitale, oltre a operai specializzati nelle costruzioni. Se si costruiscono nuovi ospedali, per esempio, bisogna avere la certezza che ci siano abbastanza medici e infermieri per farli funzionare, e abbastanza operai specializzati per costruirli.
La costruzione di nuovi asili nido è molto attesa perché i posti gestiti dai comuni attualmente non bastano ad accogliere tutti i bambini e le bambine, le graduatorie per l’assegnazione seguono criteri tortuosi e le alternative private sono costose. Il risultato è che ogni anno le famiglie fanno una gran fatica a trovare posti a prezzi accessibili.
Finora nessuno, ad eccezione del governo, aveva accesso a informazioni puntuali sui ritardi del PNRR. La scarsa trasparenza è un altro dei limiti di impostazione del piano e riguarda tutti i governi che l’hanno gestito finora. L’assenza di dati affidabili, anzi in alcuni casi l’assenza totale di dati, non ha permesso di controllare in modo dettagliato come stessero andando le cose, se i progetti fossero a buon punto e se l’Italia stesse rispettando le scadenze.
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