Lo sfruttamento dei rider si regge anche sui “bot” - Il Post

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Il sistema della gig economy per le consegne a domicilio ha fatto nascere diversi sistemi di sfruttamento: dai bot usati per ottenere più consegne, a servizi che creano account falsi per i migranti senza documenti, passando per i “caporali digitali”

Luigi Serilli è stato il primo rider di Glovo a Rieti. Cominciò a lavorare il 27 novembre 2019, il giorno in cui la multinazionale spagnola inaugurò il servizio di consegna del cibo a domicilio in città. Qualche giorno prima aveva scaricato sul suo cellulare Glovo Courier, l’app che organizza le consegne per i fattorini, si era registrato e l’azienda gli aveva attivato l’account personale.

Chi non ha un bot è costretto ad accontentarsi degli slot rimasti. In questo modo per quelli che Serilli definisce «rider onesti» si innesca una spirale negativa: le consegne diminuiscono e il ranking reputazionale si abbassa, e perdendo punti in graduatoria si abbassano anche le probabilità di lavorare. Acquistare un bot costa in media tra i 40 e i 50 euro, poi è necessario fare un abbonamento mensile, versando in genere attorno ai 10 euro.

L’azienda paga a Serilli 3,77 euro lordi per ogni consegna entro i cinque chilometri, con un minimo tariffario di 11 euro lordi l’ora, come prevede ilche AssoDelivery, l’associazione di rappresentanza delle imprese di consegna a domicilio, ha firmato con il sindacato Ugl rider a settembre del 2020.

«È un fenomeno di concorrenza sleale molto diffuso tra i rider di tutta Italia», dice Mario Grasso, un sindacalista della UilTucs che ha denunciato diversi casi di fattorini che non sono disposti a pagare per lavorare. «Esistono diverse applicazioni che consentono la prenotazione automatizzata di turni di lavoro, dietro un pagamento mensile o una tantum ad alcuni sviluppatori, che gestiscono i loro business su chat Telegram, su negozi di app o su siti web».

L’attuale ministra del Lavoro, Marina Calderone, all’epoca era presidente dei consulenti del lavoro e aveva scritto al ministro Orlando chiedendo la «revisione immediata» del decreto legislativo perché avrebbe provocato un «enorme aggravio di obblighi burocratici a carico delle imprese nella gestione dei rapporti di lavoro».

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