Cioè posticcio e molto impostato, anche nelle interviste delle persone comuni: ma nessuno parlava davvero così
Sentendo parlare le persone all’interno di programmi televisivi e radiofonici, o in film degli anni Cinquanta o Sessanta è facile notare una differenza rispetto al modo di parlare italiano a cui siamo abituati oggi. Non è solo una differenza di lessico – cioè di scelta delle parole – che naturalmente che nel corso dei decenni è cambiato.
«Gli spezzoni televisivi e radiofonici sono le tracce che abbiamo di come parlavamo negli anni Sessanta, ma la televisione è una cosa diversa dal parlato spontaneo», spiega Stefania Spina, docente di linguistica dell’Università per Stranieri di Perugia.
«Non c’era un italiano orale standard parlato normalmente e bisognava trovarlo», spiega Marco Biffi, docente di Linguistica italiana all’Università degli Studi di Firenze. «Il fiorentino era il più vicino a questo modello ma aveva comunque dei tratti regionali, e per compensarli si ricorse alla pronuncia romana: ne venne fuori il cosiddetto fiorentino emendato», spiega Biffi, «ma è una pronuncia astratta che si impara con un corso di dizione».
«Questa attenzione formale alla lingua si riverberava nell’intonazione», continua Biffi. «C’era questa idea dell’italiano come di un sistema intoccabile, e venendo dalla lingua letteraria c’era poca spontaneità e dimestichezza nell’usarlo», aggiunge Vera Gheno, sociolinguista e tra le altre cose autrice del podcast del Post.
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