«Un tempo gli esseri umani ignoravano moltissimo di quanto accadeva a poca distanza da loro, ma la morte era una presenza quotidiana e concreta. Da qualche decennio invece la conoscenza indiretta della sofferenza altrui è patrimonio comune.
Quanti cadaveri avete visto di persona? Io in quarantatré anni solo due, entrambi anziani e morti per cause naturali; sono stato fortunato, certo, ma dubito anche di essere l’eccezione.
Temo che la risposta sia, quasi sempre, no. La nostra immaginazione morale continua a essere limitata, e quando si tratta di gestire una massa tale di sofferenza va in tilt. Possiamo proclamarci egualmente compassionevoli di fronte a ogni corpo violato, ma i corpi a noi cari smuoveranno in noi sempre emozioni più forti.
Già. Tuttavia vegliare non basta: possiamo torcerci fra le lenzuola rosi dal senso di colpa o dal privilegio offertoci dal caso , e alzarci al mattino senza muovere un dito. Del resto, che fare? Tornano alla mente le parole di Robert Musil in, alle origini di quella società globale capace di ossessionarci con la sua semplice presenza.
Le aberrazioni non mancano di certo. Anche al di là di quanto accade altrove, ogni oggetto quotidiano ci ricorda lo sfruttamento di altri esseri umani o animali: un vestito, un telefono, un paio di mutande. O un po’ di verdura. Veniamo a sapere della morte di: allora gonfi di rabbia vogliamo che tutto cambi. Però se una minoranza si impegna davvero in questa direzione — mettendo in gioco il proprio corpo e tempo — la maggioranza si ferma prima. Infine dimentica.
Solo così la presenza disturbante della sofferenza, questo terribile ronzio di fondo che assale le buone coscienze, potrà uscire dall’altalena improduttiva tra il guardare senza agire — magari con un senso di colpa tanto soffocante quanto sterile — e il tapparsi gli occhi facendo finta di nulla. In Certo quando si scende per strada le cose si fanno difficili. I grandi principi astratti enunciati alla tastiera o a tavola si scontrano con le vite vere e le loro innumerevoli contraddizioni; ma tale imprevedibilità rende anche meno ottusi.
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