Jonathan Glazer e «The Zone of Interest»: «Spingo lo spettatore a guardare l’orrore della Shoah da un angolo diverso»
e altri media francesi. È solo il quarto film del regista Jonathan Glazer, nato a Londra 58 anni fa ; il precedente,, è del 2013, fantascienza in chiave horror. L’orrore dei nazisti qui è rovesciato. La prospettiva è inedita, come se fosse una storia di oggi.«La casa della famiglia di Höss è un’oasi idilliaca che confina con i fili elettrificati di Auschwitz. Avevano un giardino e un muro che li separava dal campo di concentramento.
«Ho amato quelle pagine, c’era qualcosa che mi ha spinto verso la mia direzione, quasi antropologica. Per due anni ho fatto ricerche al memoriale e al museo di Auschwitz-Birkenau, ho studiato la vita di Höss e di sua moglie, come vivevano ad Auschwitz».«Anche la mia Auschwitz sembra una costruzione moderna. È proprio questo il punto. Tutti si aspettavano un’ambientazione vecchia, invece no. Non è un film vintage, in costume, da mettere al museo.
All’inizio e alla fine per lungo tempo c’è solo lo schermo nero e un rumore sgradevole, quello dei camini di Auschwitz. Lei evoca attraverso l’assenza. «Ho scelto di non mostrare la violenza, i prigionieri in pigiama picchiati… Non volevo fare un film stiledi Pasolini. Ma quell’immagine, prima di incontrare la famiglia Höss, traccia un quadro delle intenzioni, è l’inizio di un viaggio dantesco. Ma non avrei potuto girare un film soltanto scuro».«Al fatto che in Polonia, dove ho girato, ho conosciuto una donna di 90 anni che entrò nella Resistenza, e che a 12 anni, segretamente, nutriva alcuni prigionieri.
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