Sudan, il diario dell’evacuazione di un italiano: «Spari, posti di blocco, città devastata»
. Scendiamo velocemente e in massimo silenzio nei garage.. Chiara e Athos rimangono nel sotterraneo a monitorare i bagagli. In tre andiamo ad accendere la macchina. Usciamo alla luce del sole, all’aria aperta. Non accadeva da 8 giorni. La sensazione è stranissima. Ti senti osservato da ogni direzione. Stefano sale in macchina. Gira la chiave.Rigira e rigira ancora. Valentina e Pietro corrono al paraurti posteriore, si mettono in posizione di spinta in direzione della discesa del garage.
La città è fantasma. Molte macchine crivellate giacciono morte nel mezzo della strada. Vetrine rotte e negozi saccheggiati. Finestre in frantumi, edifici anneriti dalle fiamme. L’acqua che abbiamo in macchina pare the appena bollito, ma beviamo lo stesso per non rischiare la disidratazione Tank in quantità spaventosa, jeep armate e ricoperte di fango in ogni punto. Athos cede al sonno e si addormenta. Nel mentre varchiamo un’area che purtroppo è realtà e non film.La vista mette a fuoco ciò che l’olfatto ha percepito. Macchine su un fianco, in mezzo alla strada ridotte in carcassa. Una jeep militare con una gamba che penzola dal cassone con il sangue seccato dal caldo e dal sole. Le vene pulsano fortissimo in testa.
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